Ilaria Guccione, Belli tra le bolle (Palermo, dicembre 2013) |
Bello il ballo delle bolle ma bisogna esser lesti per toccarle, ché tutto a questo mondo si esaurisce presto in una bolla di sapone. Guarda e scatta, danza nell’istante e concediti stupore e speranza, che se non le tocchi adesso magari ti toccherà al prossimo gioco di fiato.
Mi ricordo le bolle di sapone che si compravano all’ingresso di villa d’Orléans, bella occasione di passeggio domenicale, ci si perdeva tra un uccello e l’altro in quel giardino di cui noi bambini non si immaginava la storia, fatta di nobiltà che sapeva anche di Francia, di matrimoni ai tempi del fascismo e poi la proprietà era passata alla Regione e non è che sia cambiato molto.
E soffia e soffia e dai. Come in un sogno o in un miraggio e prova a fartele in casa, chiusa dentro il bagno, acqua e sapone e cannuccia e quel sapore che ti smorfiava le labbra.
E poi ti ritrovi cresciuta e senza un bambino al seguito non ti fanno più entrare. Ma ormai non c’è più niente da fare, manco a raccattare un nipote per strada, ché in questi giorni Crocetta ha dato lo sfratto ai volatili, chè gli costavano troppo i gufi e i pellicani e mai nessuno che faccia invece qualche taglio di stipendio agli animali umani.
Eppure un giorno che ero ormai studentessa universitaria ci son tornata, forse era giorno di festa e d'eccezione o magari i custodi si erano impietositi. Ricordo i cigni a farsi inconsapevolmente belli in un laghetto e i pavoni che da bambina rimanevo lì con la muta preghiera che mi regalassero la visione di una magica ruota, che le loro piume le accarezzavo sempre in Calabria dalla nonna e poi i gabbiani. Vicini vicini a urlarti chissà cosa e a fissarti negli occhi. Io coi gabbiani ci convivo da anni, fanno comizi notturni sulla mia testa che sono mille volte meglio del putiferio che arriva dalla piazza. A volte ne vedo qualcuno a concedersi riposo su un tetto. E quante volte negli anni romani mi sono presa gioco degli amici siciliani stupiti perché sopra piazza Venezia passavano - ma dai, sul serio? ma che minchia dici? Qui mica c'è il mare - i gabbiani del Tevere.
Ma le bolle, dicevo. Quell’effimero piacere, quel trastullo di un istante. Quella metafora del tempo che, per evitarti l'ennesimo inganno, ci hai da rimanere sempre attento.
Oggi ho visto volare centinaia di bolle per strada e bambini a rincorrerle ed adulti con sorriso tornato bambino a guardarle volare.
E soffia e soffia e dai che prima o poi arriva il mio momento.