Ilaria Guccione, Mani e piedi (Palermo, 2013) |
Miei segni particolari:
incanto e disperazione.
(W. Szymborska, da: Il cielo)
Filo che tiri, filo che allenti. Passo che oscilla, pausa che arresta e tu ci rimani secco e ti provi maldestro ad alzare le mani. Filo che il telefono l’hai staccato e lui ti guarda storto e tu ancora ad ignorarlo e muto già ci sei inciampato. Filo che t’ingarbugli ad intrecciar memorie e loro che tramano sempre sicure e tu che ad ogni ricordo ti confondi e tremi e non ordisci un cazzo. Filo che intanto tra un filo e l’altro il tempo ti è volato e ti sorprendi con tutto quel bianco tra i capelli e ti sei perso ormai e il filo e il segno.
Segno che a far di conto da ragionieri sulla propria pelle ci si casca sempre male. Segno che in questo sputo di autunno, con questo grigio maldestro che colora il vento a metà, si è fatto il tempo di andare.
Segna almeno chi non vuoi più incontrare, il resto è tutto da inciamparci allegri di speranza e ancora da inventare.
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