Ilaria Guccione, Aggiustare il tiro (Palermo, aprile 2014) |
Prima li ammazzate e poi li ricordate. E dopo con un occhio li piangete e con l’altro controllate che non ci siano macchie sulla cravatta prima di sfilare.
Quello che vi interessa ricordare è che l’essenziale sia da scordare, alleggerire, allontanare.
Presidenti, ministri, navi della legalità che da casa mia le sento approdare, bambini che pure dall'America li fanno arrivare, cantanti, personaggi televisivi.
La festa, la gita, il cabaret, i buffoni, i baroni, le istituzioni e le intitolazioni. Gambe e gambe sulle quali le tensioni morali non le ho mai viste camminare.
Giovanni, che l’hanno fatto fuori un giorno di maggio che era un sabato dei miei vent’anni.
Giovanni, che è nato a due passi da quella piazza Magione in cui ci trovi in mezzo a un prato un cippo piccolo piccolo con un’iscrizione misera misera che strica e strica (l’ultima volta un mese fa, ché ci avevano scritto suca sbirri, grande Totò e non pensavano certo al calciatore Schillaci) quasi non si legge più e forse è meglio, che ti dice che qui nacque Giovanni Falcone, con gratitudine e devozione. E ti hanno fatto pure la rima ma se ne vuoi godere ti devi mettere d’impegno a cercare. Il padre Pio abusivo, quello lo trovi subito che è parecchio grande.
Piazza Magione, che sei alla Kalsa. Kalsa che ci incontri i bambini, pallone sotto al braccio e campetto di calcio sgangherato che le reti non stanno più in piedi e loro si arrangiano su un qualunque prato, ciuffo biondo sulla testa scura e una maglietta lisa che gliela vedi addosso per settimane intere.
Che hanno un padre in carcere e conti da fare che non gli bastano le dita e sogni uguali agli altri bambini ma sugli incubi non ci giurerei.
Che su una nave non ci sono mai saliti, e l’albero Falcone gli viene centomila passi e vite lontano, che non lo sanno chi è quel Marlon Brando con la faccia da padrino su una maglietta da business turistico. Che non lo sanno chi è quel Falcone che fa l’eroe involontario su una maglietta da business pseudo sociale, che solo quel chiamarla aria di casa nostra a me fa venire da vomitare.
Che ti incontrano al supermercato e dicono all’amichetto che ti hanno conosciuto una domenica che tu hai portato macchina fotografica e maglietta con un mago cattivissimo e loro l’hanno sconfitto a pallonate.
Che somigliano a quelli fotografati da Sellerio nel 1960, che se ti fai due conti rapidi alla sicula, saranno i loro nonni.
Che quando te ne vai e li saluti, ti danno un bacio e si fanno promettere che tornerai.
Quelli che non se li filano tutto l'anno, figurati oggi che sono tutti a ballare sotto il palco, a due passi dalla casa di Falcone, mentre Gianni Morandi e Rocco Hunt cantano.
Ma tutti quelli che hanno provato ad aggiustare il tiro son fortunati: dormono sotto terra da decenni e non li possono sentire.
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