Ilaria Guccione, Tressette col morto (Palermo, novembre 2012) |
Il fumatore lo riconosci dalla tosse che fa ingombro tra casa e marciapiede quando ride di cuore e il polmone gli singhiozza, l’anziano lo capisci dal tempo rallentato fatto di sedie e carte in mano e conti alla rovescia che dice che ormai gli manca poco e poi davvero passa. Il bambino dalla curiosità del gioco, che non l'ha ancora finito e ne ha già un altro per le mani.
L’artista lo puoi trovare inchiodato ad uno specchio con una reflex possibilmente ultimo modello o con lo spartito o il libro degli altri, possibilmente morti, sotto al braccio e sempre con un breviario di citazioni che gli straripa in gola e sempre con quel sorriso idiota da televisione che gli si è incastrato tra i molari.
L’innamorato che s'inventa felice lo sai da quel vagare degli occhi e della mente che lo porta lontano. L’innamorato che si è scoperto deluso lo sai da quel fissare un portone chiuso che non lo porta da nessuna parte.
Lo stronzo lo identifichi dal volto che gli si irrigidisce non appena ha deciso di chiuder partita, di far posto ad altri tra vita, tavolo e contratti, di cestinarti con un calcio perché non gli torni più comodo.
Me mi riconosci dal passo e dalla fretta. Da quel che, inutile, dimentico che è sempre meno di quello che m'importa e lo trattengo, dal bianco e nero che mi gira intorno, dal voler sempre ostinata sottrar distanza ad ogni lontananza.
(Se non sai cosa sia l’iconografia, puoi leggere qui.)
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