Ilaria Guccione, Siamo alla frutta (Palermo, 2013) |
Ieri c’era tanto sole da confonderti
stagione. C'era perfino caldo a girare per le solite vie dove passavano le
solite facce e facce nuove che ci si osserva sempre tutti e si rimane in silenzio, un
candidato al senato che ci guardiamo male con chi gli guarda le spalle e tanto vi ho già fotografati, un
ragazzo che suona per strada e mi ringrazia non per le monete che gli ho lasciato ma perché gli ho scattato delle
foto, bambini che si rincorrono sorrisi, facce annoiate tra sigarette e
panchine, un uomo che si lascia portare al guinzaglio da otto cani in
miniatura. Attimi di vento che al mercato i pantaloni hanno tentato la fuga,
piccioni che si presentano puntuali all'ora di pranzo su scheletri di balconi, avanzi di frutta e verdura per terra e cassette vuote a giocare a quale casca prima.
Andavo che avevo fretta. All’appuntamento
che mi ero data sono arrivata in anticipo. Ho aspettato l’ora stabilita nel
punto convenuto ma non mi sono incontrata. Mi è parso di scorgermi dentro una
vetrina ma non potevo essere io che non ho niente da comprare, anche se quell’espressione seria me la sono già vista sulla faccia. Ho fatto il giro dell’isolato per concedermi ancora il tempo di
raggiungermi ma quando sono tornata in quel punto lì non mi sono trovata ad
aspettarmi. Mi sono mancata anche stavolta ma non avevo voglia di pensarci o darmi colpa e
ho imboccato la prima strada a portata di piede, da sola.
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