Ilaria Guccione, Italia ingiusta (Palermo, 2013) |
Lui la stava aspettando e lei neanche lo sapeva perché aveva perso gli occhiali e salutava con affetto solo le persone sbagliate.
Lei lo stava cercando ma lui neanche lo capiva perché aveva l'orologio che segnava un'ora indietro e mancava sempre ogni appuntamento importante.
E poi c'era tutto quel frastuono, tutto quel dover fare per fare. Tutto quel raccattare punti per non sfigurare. Tutte quelle facce per strada a far gara a chi è il più bravo. Tutti quei vestiti sui muri a far gara a cosa è più vantaggioso. E tutte a segnar prezzi, sospese su tacchi che nessuno te lo dice che fanno veramente cagare perché gli sbatteresti in faccia il prezzo. E tutti a segnar nomi mai sentiti, che nessuno te lo dice che fai veramente pena, perché gli sbatteresti in faccia il posto che hai.
Si incontrarono ad un seggio elettorale. Ma, impegnati com'erano a far eleggere qualcuno, lei il migliore in assoluto che era sempre quello, lui il meno peggio che a stento ne ricordava il nome, non ebbero il tempo di guardarsi negli occhi e di scegliersi, strappando l'uno all'altra qualcosa.
Eligere.* Di verbo in verbo, di parola in parola è sempre la solita fastidiosa storia. Ci si ferma al primo significato, quello che la gente ti vende a buon prezzo, quello della tv, quello dei fidati di me che poi basta una telefonata.
Così neanche ci provi più ad aprire un dizionario e ragionare di tuo, neanche ci provi a regalarti la possibilità di una scelta. Come quando ti fiondi al cinema più vicino perché di fine settimana ti tocca. Come quando lasci che a scegliere il film siano gli incassi al botteghino e le recensioni allettanti. E poi magari ti lamenti anche. E come quando... come quando. Regalati un attimo solo per te e vedrai che lo sai.
*Eligo, is, legi, lectum, ligere: scegliere, eleggere, strappare (cogliendo).
Nessun commento:
Posta un commento