Spider-Boy

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venerdì 28 marzo 2014

M’attendo

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Ilaria Guccione, Passo mesto (Palermo, marzo 2014)
 
Non sapendo. 
Se si perda andando via o rimanendo.
Se si vinca senza mossa o ritornando.
Quanto costi al cuore far di conto col rimpianto.
Se abbia un senso il mio vagare sempre amando.
Io m’attendo. 
Contro il mondo me la rido e me la piango.
Come quando nelle notti senza sogno mi rimando.
E ogni volta che mi tendo poi mi scucio e mi rammendo.

mercoledì 26 marzo 2014

Di parole ne avrò

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Ilaria Guccione, Cerchiamo di non perderci (Palermo, luglio 2013)
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.
(Eugenio Montale, da: Non chiederci la parola che squadri da ogni lato, in Ossi di seppia)

Di parole ne avrò. Per il tempo affrettato del saluto che mi manca sempre un fazzoletto candido e lieto, per il giorno infinitamente sospeso che mi piovono sopra domande affilate e per l'ora dell'assenza che strascica pensieri su un bisticcio di passi.
Di parole ne avrò.
Astruse per sciogliere il dubbio tra ostinate consonanti mute. Ed urlate all’offesa per non rimordersi nulla e rubate al ricordo che va, sillabandomi sempre il ritorno.
Di parole ne avrò storte e ferite. Sdrucciole nella caduta, tronche per ogni commiato e piane per i giorni leggeri che ancora non so.


mercoledì 19 marzo 2014

C’era una volta

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Ilaria Guccione, L'urlo (Palermo, giugno 2013)

C’era una volta che il ridere soffocava ogni lamento e a camminare insieme si saltava l'ostacolo che dice malcontento.
Che si sognava sempre più lontano e non faceva mai paura l'allentar la mano.
Che si sapeva il gesto lento dell'attesa e ci si negava quello scuro di ogni resa.
C’era una volta qualcuno che non racconta più.
C’era una volta che non ricordi più che quella storia lì la raccontavi tu.

mercoledì 12 marzo 2014

Riflettendo

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Ilaria Guccione, T'attendo (Palermo, marzo 2014)

Attendendo. Fino a quando e quanto perdo se rimando.
Se rimango cosa resta. Forse il sogno sulle labbra già sfumato e canzoni inopportune nella testa.
Risalendo. Perché mai ogni santa volta sempre sola ridiscendo.
Se un bel giorno poi m’accendo. Quando manco il sonno non distinguo mai che cosa spengo.
Se rinuncio quanto spendo. Chi sa dirmi quanto conto se alla vita non so mai conceder sconto.


sabato 8 marzo 2014

Preferisco un ballo lento

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Ilaria Guccione, A piedi nudi nel parco (settembre 2013)

Frasi che a pronunciarle nella noia graffiano il niente e niente avanza, ricordi che i giorni di pioggia ci scivoli indolente ma ti ricordi ancora come mi parlavi un tempo? Quello che il passo ti portava sempre più vicino nell’allegria del prima o poi ci arrivo e già lo so che non mi trovo e già lo so che non mi fermo e sì lo so che tanto ti ritrovo a quell'incrocio sbilenco di senso.
Quanta malinconia persa in partenza e ritrovata ad ogni sosta del pensiero respirato piano e gli occhi a raccontarsi tanto che pare sempre poco in questo mondo, ché ti pretende il plauso a capo chino ed il sorriso finto ed il forzato inchino e ci si soffoca ogni incanto e non si dice mai il rimpianto. 
Io preferisco un ballo lento che nessuno me lo insegna, un andarmi sempre contro fino ad inciampare in quel sonno che non vuole più tornare ed un abbraccio che non so dimenticare e battito accelerato dalla fantasia e tutta quella confusione che riconosco ancora mia.


 

lunedì 3 marzo 2014

Chieder poco è sempre viver male

Ilaria Guccione, Donna alla Kalsa (Palermo, luglio 2013)

Vogliatemi bene,
un bene piccolino,
un bene da bambino,
quale a me si conviene,
vogliatemi bene.
(Cio-Cio-San a Pinkerton, da: Madama Butterfly, di Giacomo Puccini)

Chieder poco è sempre viver male. Che te ne fai di un bene piccolino, di una promessa a metà in cambio di un amplesso a tempo determinato, ragazza dagli occhi che dicono Oriente e cuore e cosce che ancora non san niente. Eppure la tua storia è sempre quella. Quella che John Luther Long la fa iniziare, poi passa per David Belasco, si fa musica con Giacomo Puccini e diviene film ancora privo di parole con Fritz Lang.* E sempre il solito finale, quello che ti fa perire di pugnale, a voler tacere di recenti messinscene in cui ti ammazzi con un colpo di pistola, che pare sia moda il melodramma far moderno a rovinar la storia.
E tutta questa gente intorno che la sua storia se la scrive da sé e si bea di beni piccolini, che pare che a contarsi il poco tra stipendio e appartamento ci si scordi facilmente di quel tanto che non s'è mai cercato né desiderato. Si resta tutti insieme ad ascoltar canzoni piccoline, ad avvinghiare amori piccolini e film piccolini da ammirare e giorni piccolini da lasciar passare.


* Madame Butterfly, 1898; Madame Butterfly, 1900; Madama Butterfly (libretto di G. Giacosa e L. Illica), 1904; Harakiri, 1919.

sabato 1 marzo 2014

A ritornarci per strada di memoria

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Ilaria Guccione, Supereroe (Palermo, febbraio 2014)

A ritornarci per strada di memoria, la via me la ricordo ancora. 
Ma il piano l’ho scordato, l’anello a far promessa l’ho perduto. 
Nel fondo di una tazza amara di caffè e avara di speranza, starà ancora ad aspettarmi in quella stanza che non ci so più tornare.
E chi lo sa se sia un bene o un male qualcosa trattenere e tutto il resto che da sé si lascia smemorare.
E chi lo sa se è meglio chi rimane o chi ritorna, mentre chi è andato altrove vira al nero e non lo puoi più raggiungere e t'avvelena a notte quel pensiero, che bussa quasi a far dispetto e dice fai uno sforzo che io sono qui che t'aspetto.
E chi lo sa se ci si possa apprendere quel tutto o niente che intanto siamo stati, a tazza piena bersi quel sorriso che non sa più di guerra ma com'è oggi il tuo viso che ormai l'ho sotterrato.
E chi lo sa quand’è che si può dire che il tempo che è passato é troppo ed è scaduto.
E allora non dovresti inseguirti neanche per lasciargli un bacio ed un saluto ma dormirci su ad ogni dettaglio perduto e rimestar bene quel che ti sai dell'amore accaduto.
E chi lo sa ad incontrarsi in giorno di mercato, cos’è che all’occhio tuo resiste ancora e quello mio lamenta ormai sfocato.
E chi lo sa come oggi ci risuona nostalgia, se duole più in rumore o in voce muta, se sono ancora qui o nel cercare inutile di te mi sono già perduta.