Spider-Boy

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martedì 27 maggio 2014

Confidenze

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Ilaria Guccione, Confidenze (Palermo, aprile 2014)

Ci sono giorni che l'unica cosa che puoi fare è restare seduta ed in sala d'attesa del desiderio consumarti a guardare quanta gente che arriva, quanta gente che va e nessuno che ti veda nella sua fretta e nessuno che si fermi per te. E aspettare, occhi tuoi a farsi grandi di speranza e sorriso dell’altro che sempre lo manchi. Che qualcosa succeda anche a te, che non faccia più male.
Come in un film francese in bianco e nero che ormai lo conosci a memoria.
Ci sono notti che occorrerebbe un salto da un qualunque ponte della fantasia per annegare l’ingombro del pensare, il non so che cosa mi potrà mai arrivare, il dubbio che s’accende intermittente, la dolcezza che soffia e soffia e lei intanto ti spegne. L’andare avanti, il ritrovarsi indietro. Il domandarsi troppo e il non risponderti niente.
Come in questa vita che mi scorre in bianco e nero, che il finale mi manca e più lo cerco e più mi sfianca.

venerdì 23 maggio 2014

Prima li ammazzate e poi li ricordate

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Ilaria Guccione, Aggiustare il tiro (Palermo, aprile 2014)

Prima li ammazzate e poi li ricordate. E dopo con un occhio li piangete e con l’altro controllate che non ci siano macchie sulla cravatta prima di sfilare.
Quello che vi interessa ricordare è che l’essenziale sia da scordare, alleggerire, allontanare.
Presidenti, ministri, navi della legalità che da casa mia le sento approdare, bambini che pure dall'America li fanno arrivare, cantanti, personaggi televisivi.
La festa, la gita, il cabaret, i buffoni, i baroni, le istituzioni e le intitolazioni. Gambe e gambe sulle quali le tensioni morali non le ho mai viste camminare.
Giovanni, che l’hanno fatto fuori un giorno di maggio che era un sabato dei miei vent’anni.
Giovanni, che è nato a due passi da quella piazza Magione in cui ci trovi in mezzo a un prato un cippo piccolo piccolo con un’iscrizione misera misera che strica e strica (l’ultima volta un mese fa, ché ci avevano scritto suca sbirri, grande Totò e non pensavano certo al calciatore Schillaci)  quasi non si legge più e forse è meglio, che ti dice che qui nacque Giovanni Falcone, con gratitudine e devozione. E ti hanno fatto pure la rima ma se ne vuoi godere ti devi mettere d’impegno a cercare. Il padre Pio abusivo, quello lo trovi subito che è parecchio grande.
Piazza Magione, che sei alla Kalsa. Kalsa che ci incontri i bambini, pallone sotto al braccio e campetto di calcio sgangherato che le reti non stanno più in piedi e loro si arrangiano su un qualunque prato, ciuffo biondo sulla testa scura e una maglietta lisa che gliela vedi addosso per settimane intere.
Che hanno un padre in carcere e conti da fare che non gli bastano le dita e sogni uguali agli altri bambini ma sugli incubi non ci giurerei.
Che su una nave non ci sono mai saliti,  e l’albero Falcone gli viene centomila passi e vite lontano, che non lo sanno chi è quel Marlon Brando con la faccia da padrino su una maglietta da business turistico. Che non lo sanno chi è quel Falcone che fa l’eroe  involontario su una maglietta da business pseudo sociale, che solo quel chiamarla aria di casa nostra a me fa venire da vomitare.
Che ti incontrano al supermercato e dicono all’amichetto che ti hanno conosciuto una domenica che tu hai portato macchina fotografica e  maglietta con un mago cattivissimo e loro l’hanno sconfitto a pallonate.
Che somigliano a quelli fotografati da Sellerio nel 1960, che se ti fai due conti rapidi alla sicula, saranno i loro nonni.
Che quando te ne vai e li saluti, ti danno un bacio e si fanno promettere che tornerai.
Quelli che non se li filano tutto l'anno, figurati oggi che sono tutti a ballare sotto il palco, a due passi dalla casa di Falcone, mentre Gianni Morandi e Rocco Hunt cantano.
Ma tutti quelli che hanno provato ad aggiustare il tiro son fortunati: dormono sotto terra da decenni e non li possono sentire.










lunedì 19 maggio 2014

Che la memoria tua ci inciampa

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Ilaria Guccione, Cose che dimentico (Palermo, maggio 2014)

Ci sono luoghi che sanno di condanna tutte le volte che la memoria tua ci inciampa.
Geografia impervia del ricordo, che sali e scendi e non sai mai da quali altezze ti difendi.
Puntata persa che non l’ho mai giocata, numero che la fortuna non m’ha mai baciato, indirizzo che nel frattempo tu niente hai detto e l’hai già cambiato. Frase che sa andare solo di fretta, parola mia che ormai dove vuoi che la metta.
Sogno che più non ti sogno perché non hai ritegno, io che ti ho consegnato il mio mondo e tu che non mi hai lasciato niente in pegno.
Storia che ancora siamo qui che ci incontriamo ma forse non ne vale la mia pena e intanto ci scontriamo.
Storia che lo sai che ti tengo da conto e finisce che sempre parto e ti racconto.

lunedì 5 maggio 2014

Sognare


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Ilaria Guccione, Il sogno di Innocenzo III (Palermo, aprile 2014)

Aspettiamo che le cose le cambino gli altri, per non muovere un passo che ci possa contare.
Alziamo la voce perché superi il volume della tv ma rimaniamo spenti se c'è qualcosa da poter cambiare.
Esageriamo sempre perché qualcuno senza demerito ci possa notare.
Ci concediamo parentesi grandi nel nostro non concederci niente.
Ci acquattiamo nel luogo comune perché nessuno ci possa trovare e chiamare per nome, per mancare giustificati ad ogni appello e continuare a dormire.
Ci regaliamo un senso che è quello che basta per non dirci diversi e non farci peccare in azione e fantasia.
Ci arrampichiamo, fin dove si può per non farci troppo male alle dita smaltate da non consumare nel giorno di festa, in quel tempo che hanno detto che poi non va così male e non ha senso lottare.
Ci lasciamo senza volerci dir niente, senza saperci più sognare il presente.