Ilaria Guccione, Alla ricerca della madeleine perduta (Palermo, 2013) |
Sono giorni che Proust mi perseguita. E sono anche notti, ché in radio leggono Un amore di Swann e la voce di Sandro Lombardi invece
di farmi sprofondare in una delle mie parentesi di sonno, che dopo un po’ sono
già pronta a guardare la sveglia, mi trattiene lì, parola per parola. Insonne, che è come fare i conti col mio tempo avendo l'inizio della Recherche tra le mani. E all'improvviso chiudere gli occhi e altrettanto all'improvviso riaprirli.
E allora sono giorni che sono alla ricerca del mio Proust
perduto e metti sottosopra pile di libri. Smetto di pensarci ed ecco che me lo
trovo su uno scaffale. Che poi vai a capire perché lì, tra La notte che Pinelli
e Sciascia. Sarebbe chiedere troppo alla mia memoria e ci rinuncio subito. Però
che quei volumi li ho comprati a Roma, che erano giorni che si studiava Vermeer
e allora dovevo avere a tutti i costi La prigioniera e già che c’ero ho comprato Dalla parte di
Swann e vai con la lettura in quella cameretta che era il mio inizio di vita
da sola, seppur condivisa all’ora dei pasti con una che si sentiva tanto
giornalista e con una che era nella sua semplicità una parrucchiera, me lo ricordo bene. E quel
letto sbilenco che ci si passava per gli ospiti e la biancheria stesa all’ingresso nei giorni di pioggia.
E quella mattina che arrivai carica di bagagli, sbarcata alla stazione Tiburtina verso una dimora sconosciuta, che vai a trovarla ancora quella forza da mulo dei miei 25 anni, e vabbè che lo so che c'è ancora. Fermata Pietralata, Anno? 1999. Che a Roma,
di casa in casa e di fermata in fermata da Policlinico a Monti Tiburtini, ci
sono stata anni. Di meraviglie e calci in culo, c’est la vie.
Proust, dunque. Proust tutta barba e occhiaie e un lenzuolo
intorno. Guardatelo fotografato da Man Ray, http://www.getty.edu/art/gettyguide/artObjectDetails?artobj=53333&handle=li guardatelo ritratto dall’amico
Helleu, http://graphics8.nytimes.com/images/2008/11/02/arts/02kenn_600.jpg che dopo tante promesse di fargli un ritratto, viene catapultato sul suo letto
di morte e chissà quanto gli costa disegnare quel volto per poi inciderlo,
visto che la presenza dei morti la reggeva a stento.* Siamo nel 1922, il 18 novembre. E guarda e ascolta anche
Céleste, la governante di Marcel, che lo ricorda in un vecchio documentario del ’66 di Attilio Bertolucci, che sembra l’unica
portatrice di un ricordo sincero, con quegli occhi umidi.
Non hai letto tutta la Recherche? Niente di grave, non l’ho fatto nemmeno io. Ma la
madeleine, quella storia lì, la sai, no? La sanno un po’ tutti, io mi ricordo
di quando l’ho studiata al liceo. Vabbè, tutti no, considerato che ho letto da
poco che “Be’, sì. Lo sanno anche i gatti. L’odore della torta Madeleine che
gli ricorda l’infanzia e tutte quelle robe lì.” **
Peccato che la madeleine non
fosse e non sia una torta e che l’odore non c’entri niente. Il sapore, quello
sì. “Ma nello stesso istante in cui il liquido [il the] al quale erano
mischiate le briciole del dolce raggiunse il mio palato, io trasalii, attratto
da qualcosa di straordinario che accadeva dentro di me.”***
Roba da memoria
involontaria, che ti assale quando meno te l’aspetti, che fa un dispetto alla
memoria dell’intelligenza. Ché è inutile sforzarsi di rievocare il passato con
la memoria dell’intelligenza, perché lui “se ne sta nascosto al di là del suo
dominio e della sua portata, in qualche insospettato oggetto materiale (nella
sensazione che questo ci darebbe).” **** Proust scrive che il nostro incontro con
questo oggetto dipende dal caso, potremmo morire e non incontrarlo mai.
E ad ognuno la sua madeleine, che è per forza quella giusta, lo sai quando ti capita, che ognuno si imbatte nei propri ricordi come può e, senza sapere come, il gioco è bell'è fatto. La mia madeleine, dunque. La
mia madeleine ha sapore di menta e si lega a un’eccezione. Io compro raramente
caramelle e solo quando sono in viaggio. La mia madeleine è legata alla vista e
non al sapore. E’ un’unica caramella sopravvissuta, che tengo nascosta in un
cassetto. Che quando lo apro gioco con la memoria e non ho niente da vincere ma
tutto da ricordare. Roma, nuovamente. Fermata Cavour. Anno? 2011. Involontaria memoria degli occhi e dei passi e quanti passi e di parole e di sguardi e quanto altro ancora. Di cosa? Non sono Proust e lo terrò per me. Ma torna tutto all'improvviso, basta che io apra quel cassetto.
Com'è che diceva lui? Ah, sì: "Ma quando di un lontano passato non rimane più nulla, dopo la morte delle creature, dopo la distruzione delle cose, soli e più fragili ma più vivaci, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l'odore e il sapore permangono ancora a lungo, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sulla rovina di tutto, a sorreggere senza tremare - loro, goccioline, quasi impalpabili - l'immenso edificio del ricordo." *****
* Il ritratto di Proust di Paul-César Helleu è stato realizzato con la tecnica della puntasecca. Si tratta cioè di un'incisione eseguita direttamente su lastra di rame. La matrice fu poi distrutta dall'artista, una delle stampe fu donata dal fratello di Proust a Céleste Albaret, la governante su citata.
** Marco Malvaldi, Milioni di milioni, Sellerio 2012, p. 106.
** Marco Malvaldi, Milioni di milioni, Sellerio 2012, p. 106.
*** Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto - Dalla parte di Swann, Grandi Classici Oscar Mondadori, (trad. di G. Raboni), I ed. 1987, p. 56.
**** Idem, p. 55.
***** Idem, p. 58.
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