Spider-Boy

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domenica 17 marzo 2013

Di marzo, un sabato

Ilaria Guccione, In cattedrale, di sabato (Palermo, 2013)

Quella di ieri sembrava una giornata persa in partenza. Tra sonno rimandato e tutta quella pioggia da diluvio universale che ti penti di non avere un recapito di Noè e se tutto va bene troverai una riserva d'acqua in casa al cosiddetto risveglio. Una di quelle giornate che è meglio se non fai niente, che in fondo un po' di riposo te lo sei pur meritato, fosse solo per quella differenza tra fine settimana e tutto il resto dei giorni, anche se in realtà a pensar troppo tu non ti riposi mai. Poi però qualcosa mi sveglia, forse quel sole che fa capolino e regala speranza di luce buona, forse solo quel solito bisogno di andare che arriva all'improvviso e allora lascio che siano i miei piedi a decidere e mi ritrovo per strada a godere del sole come fossi quel gatto mio che lo so che mi sta dormendo sul letto e lo ritroverò ancora lì al ritorno. Mi lascio portare dal sole e dai passi fino al piano della cattedrale, ragazzini usciti dal liceo tra insulti e abbracci e una manciata di turisti, un cane che controlla ogni entrata in chiesa abbaiando minaccioso ma basta che gli guardi la coda e poi basta un attimo ancora e te lo ritrovi a pancia all'aria e ti accorgi che le manca poco al parto e te la vorresti portare a casa per risparmiarle freddo e pioggia. E la vecchia seduta su un secchio capovolto che regala un sorriso a chiunque esca dalla chiesa e tra le mani il suo sottovaso da riempire per farci la giornata. Per un soldo ti leggo la fortuna in uno sguardo. Ti racconto il tuo passato in cento battute, ti distendo il tuo presente sulla piazza. Per due soldi ti proietto anche il futuro su qualunque muro ci capiti accanto, come un film di primissima visione che è un affare non da poco, se consideri quanto ti costa ogni brutto film che vai a vedere al cinema e sempre in cattiva compagnia. Per tre soldi ti dico anche cosa fare ma poi sono cazzi tuoi se ci giri intorno e cazzi tuoi se rimani fermo. Oppure dammene mezzo di soldo, per farmi fortunato il sabato. E il tuo portatelo dove vuoi.
Guardo le tracce di pioggia sul selciato e cerco di incontrarci riflessi che mi piacciano. Guardo quel carro da santa patrona che mi pare brutto quanto gli altri che lo hanno preceduto, anche se dicono che questo sia bello perché è di sinistra, guardo che guardo ancora e sul marmo ci trovo quattro lettere che mi perseguitano e allora ci rido su per i miei occhi che ci si son posati e allora ci rido da sola che voi che ne potete sapere e chi lo sa con me ormai non ride più e mi regalo un po' di bene maldestro con una foto e col tempo che mi ci vuole per farla e portarmela via. Provo a lasciare liberi gli occhi ed ecco che mi ritrovo già altrove, un sorriso di sole sul viso in un vicolo che neanche so come ci sono arrivata, il lamento dei gabbiani tra nuvole che promettono e nuvole che minacciano, un vicolo che piove acqua e allora torno indietro, un tizio che fuma contro un portone e qualcosa mi dice di non tirare fuori la macchina dalla manica e infatti ecco quei ciao bella che ho già perso il conto e sbaglio pure direzione e intanto quello mi viene dietro e vabbè che tanto qualcosa avrai pure imparato col tuo tanto camminare e lo sai che da qualche parte arrivi e in fondo nella tua borsa che hai, il necessario per tornare a casa, due soldi che in tutto ne hai quattro e una macchina fotografica che prova a prendermela e ci facciamo neri a vicenda, ché ho le mie storie di oggi e quelle poche foto che stanno sempre lì per portafortuna e nessuno me le porterà via così facilmente.



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