Spider-Boy

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venerdì 7 febbraio 2014

Vucciria shooting

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Ilaria Guccione, Il muro di Palermo (Palermo, febbraio 2014)


Pezzi su pezzi, pezzi di pezzi intorno. Solo pezzi rotti dentro. Raccogliere tutti i pezzi per aggiustarsi. Avere colla buona che odora di pazienza e tempo. E dita che sanno coincidere e coincidenze che ci toccano. E aspettarsi che poi manchi ugualmente qualcosa, ché il lieto fine è gioco da film e ci si aggiusta solo al peggio.
Sappiamo solo crollarci addosso. Che così si vive meglio, che così ci si può spolpare fino all'osso.
 
A piazza Garraffello questo pomeriggio sembrava di essere sul set di un film. No, non è Wim Wenders che è ritornato in Vucciria, che solo chi vive qui può capire come abbia fotografato la nostra realtà, è che la realtà sa sempre farsi grande in fantasia.
E allora per un attimo quasi ti dimentichi che il 5 febbraio alle 21.43 un boato ti ha invaso la casa, che una palazzina a due passi da te è crollata. Ché era stanca di viver di stenti in una piazza trascurata, non ne voleva più sapere di spazzatura elevata ad arte e di bordello notturno che te lo chiamano movida a lasciarle ogni notte altra spazzatura sotto il prospetto, non voleva essere cool, voleva stare in pace.
Va a finire che le cose si ribellano meglio e più delle persone. Va a finire che è meglio il suicidio di mura e tetti che l’aspettar aiuto e salvezza dagli uomini. Cronaca di un crollo annunciato e finalmente il silenzio tanto agognato. La casa vibrerà soltanto nel ricordo, mai più per quelle aggressioni da troppi watt che continueranno a fregarmi il sonno, ché si era offesa di quel suo stare in attesa, di aspettare un impossibile meglio. Che si sa come va, è meglio un crollo di un "il tuo star male io m'accollo".
Dice che stanno murando la piazza e allora non posso non andare a spalancarci gli occhi mentre mi chiedo se io mi ritroverò a Vucciria Est o Vucciria Ovest. L’operazione muro, che in concreto vuol dire elevare mura per bloccare cinque accessi, è stata interrotta in fase 3 ad altezza che perfino io posso scavalcare perché i gestori dei malmessi pub si sono insediati nella piazza. Ché quelli non l’hanno ancora capito che non è il caso di far feste e festini questo fine settimana. Di fare rumore, di spargere fumo. Di fare rumore, di annusar polvere. Che loro dice che si guadagnano onestamente da vivere, me lo ribadisce un ragazzino che ci tiene a dire che lui è l’unico incensurato e gli scappa un sorriso storto d'orgoglio e mica si gioca la fedina penale per far resistenza. Mentre una ragazzetta ben vestitina e truccatina fa finta di niente e solo ad alterco finito tra me e lui ci dice che va a scrivere l'articolo. E me lo potevi dire prima perché ci davi le spalle, che ti dicevo anche che penso dei giornalisti.
Ho visto gente nata e cresciuta qui piangere con un occhio davanti alla rovina, e con l’altro sorridere all'idea di un bel parcheggio costruito al posto dei palazzi della piazza.
Ho visto poliziotti rigidi nella divisa passeggiare sorridenti e snodati giocando alla messa in posa con le macerie sullo sfondo e uno di loro, accento meridionale ma meno di quello che mi appartiene per nascita, dirmi che sì, stiamo qui un altro po’ ma poi ce ne andiamo.
Ho sussurrato a quel che resta e dai urla qualcosa, di' la tua adesso, non aspettare ancora, crolla finché puoi ma fallo ora.
Nel silenzio, nel gioco, nell'inesistente battagliare. Ho sentito il mio amore profondo fare a pugni col mondo. Son tornata a casa pensando a quelle tre galline spennacchiate da spavento che se ne infischiavano di tutta quella ridicola gente e continuavano a becchettare frammenti di tufo e cemento.


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