Spider-Boy

Spider-Boy

martedì 16 dicembre 2014

Fotografare a memoria

P1100687
Ilaria Guccione, In stazione (Firenze, novembre 2014)

Sono notti che sogno di scattare una foto ma c’è sempre qualcuno che arriva e mi dice che sto sbagliando tempo e luogo. Ed io, che ogni volta rispondo che sto fotografando a memoria, mi trattengo pazienza e attendo. E poi mi sveglio e a notte nuova son sempre lì che sogno e ricomincio.
 
Sole che in questo dicembre siciliano i ricordi me li sa ancora ustionare.
Sola che sola ci sto sempre bene e sogno attese da stazione, quelle che prima o poi ti incontri e non importa dove.
Dove saran finite le parole che non gli abbiamo fatto strada ma a malapena il verso ed io che ancora mi ritrovo e tu che invece ti sei perso.
Verso che hai recitato all’incontrario, spezzandomi ogni rima immaginata, divaricandomi il sentiero ed il binario.
Ero che ti dirò che adesso quel che sono non lo so e quel che mi ricordo è quello che da sola ancora so che ho.
Sono che non mi posso misurare se non nella voglia che ancor trattengo nell'andare.
Forse non c’è ricordo a cui ti puoi impiccare ma non ci giurerei sul fatto di ritrovarne un paio che ti sappiano ancora far male.
Non appena misi piede in stazione mi avvolse l’eco di mille partenze che sapevano speranza e ritorni da perderci il conto. Ma il tempo, per ricordare chi fosse andato via e chi avesse avuto il coraggio di tornare, non ce l’avevo più. Quel tempo che qualcosa di sicuro ha esagerato, quel tempo che a furia di aspettarlo ormai mi ha abbandonato e io che avevo fatto  a botte per dire che l’avevo imbrogliato. Non avevo più nessuna giustificazione, se non quell’essere ancora nuovamente in stazione.
Non m’è restato che fotografare a memoria.
Il primo bacio che t’ho dato, l’ultimo abbraccio che ha lasciato. Segnali sull’asfalto che nessuno ha mai guardato. E’ il dramma dell’altrove, il buffo del traffico che lamenta distanza, il sogno della mente che cerca sempre vicinanza.
Io che mi son persa tra quadri antichi ed infinite scale e neanche gioco a poker.
Io che mi son cercata, come dire che non ho sbagliato vita e via eppure sono qui che non mi trovo se non nel ricordarmi il passo e il luogo.
Come un appuntamento promesso a distanza. Come un eccesso del cuore che ancora inciampa eppure danza.
Ho incontrato bambini in corsa lieta nella piazza, ombre di pranzi smezzati all’università, di gite fuoriporta e parole e parole e ore a legger libri e a giocarsi quel fiato sospeso a promettere futuro buono tra un'appendice e una nota.
E uomini in sonno urbano rabberciato a rammentarmi che il presente non sarà mai passato.


















Nessun commento:

Posta un commento