Spider-Boy

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venerdì 19 luglio 2013

19 luglio col male che ti voglio

Ilaria Guccione, Tira e non mollare (Palermo, 2013)
 
A me ricordare qualcuno i giorni che si deve non è mai piaciuto. A me che i bambini quei giorni là te li trascini tra navi e strade a far festa e poi li ributti nelle peggio periferie della città, non è mai piaciuto. A me le agende, le anti qualunque cosa siano, non piacciono. A me il confondere il ricordo della morte con il festeggiamento di un giorno o magari di una settimana non piace. Che poi tanto l'indomani torni a fare quello che hai sempre fatto e magari di anti e di memoranda nei giorni feriali non hai e non fai un cazzo.
Quel 19 luglio che ci avevo poco più di vent'anni io me lo ricordo bene. Faceva caldo, parecchio caldo. E io la notte prima avevo fatto un sogno che correvo e correvo perché mi inseguivano dei brutti ceffi armati di coltelli e davanti a una chiesa malmessa ci trovavo cinque bare bianche e un'altra in disparte e qualcuno che mi diceva che era gente ammazzata dalla mafia. E intorno solo silenzio ed a piangerci su non c'era nessuno. C'ero solo io che non capivo ma almeno lì non mi veniva dietro più nessuno.
Faceva caldo, faceva fin troppo caldo e io e mio fratello eravamo soli a casa, ché era domenica e i nostri genitori erano andati in campagna. Dal quarto piano di via Dante ci ritrovammo a fissare quella corposa colonna di fumo che sembrava maledettamente vicina. Qualcosa avrà preso fuoco, pensammo e allora guardammo su quell'affare della tv che neanche mi ricordo come si chiama e neanche so se esiste ancora. Quell'accessorio da tv ci disse che in via D'Amelio quel giudice lì, quello che neanche sapevo bene chi fosse, che in quel momento io mettevo a fuoco molto meglio quell'altro che l'avevano fatto saltare di maggio nei pressi di Capaci, e di lui ricordavo più che altro i baffi e quell'accentaccio siculo, era andato a trovare la madre ed era rimasto vittima di un incidente. Insomma, manteniamo la calma.
Qualche secondo appena e io che scoppio a piangere davanti a un fratello quindicenne esterreffatto, che mi sente ripetere con quel poco di voce che mi avanza: l'hanno ammazzato. E chissà se lui se lo ricorda.
E' questo che mi passa per la mente se ci penso. E son trascorsi vent'anni in cui vi siete prodigati in feste e quanto al resto è tutto uguale. E dei vostri giochi, dei vostri girotondi, delle vostre bandiere e delle vostre acrobazie con sottofondo musicale, oggi come allora non me ne fotte un cazzo.



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