Spider-Boy

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sabato 13 luglio 2013

Camelie, Margherite e Violette

Ilaria Guccione, Tanto di cappello (Palermo, 2013)

Mio caro Adet, perché non mi parli francamente? Io credo che dovresti trattarmi come un'amica, spero quindi in un tuo messaggio, e ti bacio teneramente come un'amante, o come un'amica. A te la scelta. In ogni caso ti sarò sempre devota. Marie.

Addio, mia cara Marie; io non sono né abbastanza ricco per amarvi come io vorrei, né abbastanza povero per amarvi come vorreste voi. Dimentichiamo dunque entrambi, voi, un nome che dev'esservi a poco a poco indifferente, io, una felicità che mi diventa insopportabile. (...) A.D. 30 agosto 1845, mezzanotte.

E così, di frase in frase, la relazione tra Marie e Alexandre si chiude.
E tu ora sostituisci il nome di Marie con quello di Marguerite e quel frammento di lettera ti catapulta tra le pagine de La signora delle camelie, il romanzo più celebre di Alexandre Dumas fils, perché lui te l'ha messo lì mica perché non aveva altre parole da inventare. E ci ritrovi anche lui, non solo perché appare in prima persona come narratore e testimone della storia ma perché non puoi non riconoscerlo in quell'Armand Duval che allo scrittore racconta la sua sofferta storia d'amore con Marguerite Gautier. Alias Marie Duplessis, la bella cortigiana arrivata a Parigi ragazzina che neanche sapeva scrivere, quella che morì di tisi praticamente sola il 3 febbraio 1847 che aveva appena ventitrè anni, circondata dai debitori e tosse e sangue. Quella che, quando misero all'asta tutti i suoi beni e chissà quante signore rispettabili saranno passate per Boulevard de la Madeleine, aveva duecento volumi in casa, tra i quali Lamartine, Dumas, Scott, Hugo, Cooper. Ma quelle signore là di sicuro avranno avuto occhi solo per vestiti e gioielli e per pensieri impuri ed un'ipocrisia che non la pagheresti un soldo.
Marie/Marguerite muore sola, non rivedrà Alexandre/Armand che nel 1846 le scrive nuovamente da Madrid, chiedendole perdono e notizie della sua salute che sapeva peggiorata, da recapitargli ad Algeri. Lui apprende della sua morte a Marsiglia e le dedica dei versi, l'anno successivo scrive di getto il romanzo, nel '49 ne farà una trasposizione teatrale che incontrerà l'ostacolo della censura perché certo che se racconti la storia vera di una prostituta morta da poco in quegli anni lì...
E di vocale in vocale, Alexandre/Armand diverrà Alfredo e di fiore in fiore Marie/Marguerite sarà Violetta. E di nota in nota Verdi comporrà la Traviata, che andrà in scena per la prima volta nel 1853 e sarà un fiasco ma oggi quando è in cartellone accorrono tutti. E tra prosa e melodramma eccoti cambiato il finale e lei che almeno muore infinite volte tra le braccia del suo amato.
E adesso potrei spendere altre parole per raccontarti di Marie o per dirti dov'è che nel romanzo ci riconosci la sua storia con Alexandre o ancora quali arie dell'opera mi commuovono da anni o di quella volta che da Roma arrivai in un paesino nel Lazio solo per amore di quella mia amica e della sua voce da Violetta che ogni volta ci piangevo o anche del senso del volume di Manon Lescaut nel romanzo e nella vita di Dumas fils. E invece no.
In questo popoloso deserto che appellano Palermo, mi piace solo pensare che scrivere quella storia lì sia stato per lui il modo migliore e necessario per far i conti col passato e per provare a farci pace. E se passi dal cimitero di Montmartre, chiedi della tomba de la dame au camélias e portale un fiore da parte mia ma non sbagliare, ché quelli che fan profumo non le son mai piaciuti.




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