Spider-Boy

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martedì 21 maggio 2013

Ci lasceremo alla stagion dei fior

Ilaria Guccione, Il gioco richiede concentrazione (Palermo, 2013)

Addio. Parola breve che si paga.
Che per riuscire a dirla ci pensi e ci ripensi e la parola non ti viene fuori lo stesso. Eppure. Basterebbe giocare d'inganno, convincersi che tanto prima o poi ci si rivede e allora lascia stare il fazzoletto. Questione di tempo e chi lo sa tra un giorno, tra un anno o nella prossima vita saremo qui seduti allo stesso tavolo a raccontarci le omissioni, a ricucirci di parole sensate ogni nostra storia. Ti riconoscerò da quella cicatrice sbiadita sull'addome, da quella crepa che ti urla e che me la sento addosso anche se ci hai messo una toppa.
Come un filo sospeso e intrecciato, come il telefono fintamente dimenticato fuori posto o un conto da saldare al  prossimo stipendio, un farsi credito a vicenda aggrappandosi all'idea che il tempo ci riconosca la strada del ritorno.
Addio. Sono costretta a ripetermi oggi fin dal risveglio e subito mi rispondo che è troppo, no che proprio oggi non ce la faccio. Mi concedo il tempo del vicolo per regalarmi una salvezza provvisoria ed eccoti apparire quel volto lì davanti agli occhi. Me lo lascio camminare a fianco per non pensare a quel saluto maledetto che mi aspetta. Eppure. Mi son confusa di malinconia, ché anche a lui avrei dovuto dire addio. Paggio Fernando, perché mi guardi e non favelli? E lui le rispose: guardo i tuoi occhi che son così belli. Una partita a scacchi, che a sbagliar mossa lui ci perde la vita e se invece vince ci guadagna in sentimento. Un ricordo lontanissimo che mi assale per strada, di un libro dalla copertina rossa ed io bambina ad imparare con ostinazione le battute del testo teatrale di Giuseppe Giacosa a memoria.* Sarà che a ficcarmi dentro una storia di Sciascia** ci ho incontrato il padre di Giuseppe, quel Guido Giacosa che dal Piemonte si è ritrovato a Palermo a fare il magistrato e a muoversi in una notte del 1862 che qui volavano i coltelli. Gira e rigira da qualche parte ci si ritrova tutti. E finalmente arrivo. Entro nella stanza e mi aggredisce quel vuoto che il sentimento mi diceva ancora pieno. 
E allora addio neanche te lo dico, mi volto e vado via. Lascio che a ripeterselo siano Rodolfo e Mimì che se lo promettono per la primavera. Che in inverno fa tristezza, aspetteranno il sole per regalarsi almeno un sorriso, si lasceranno alla stagion dei fior***
Ecco. Ci lasceremo alla stagion dei fior. Se per te non è un problema, vorrei che fossero viole.

* Una partita a scacchi, 1873.
** I pugnalatori, 1976.
*** Il libretto de La Bohème, musicata da Giacomo Puccini, è di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica.


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