Spider-Boy

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martedì 28 maggio 2013

E la memoria è già dolore

Ilaria Guccione, La pioggia vista dal parabrezza (Palermo, 2013)

Dolore. Che è maschio se lo dici in italiano ma se lo scrivi in francese diventa femmina. Dolore che ce n'è sempre per tutti, che di notte ti afferra per i capelli e, anche se non ne hai, tranquillo che ti serra il collo e hai voglia a nasconderti sotto il cuscino o girarti ogni cinque secondi tirando su il lenzuolo, ché se ha deciso di farti compagnia non ti lascia facilmente. Ti prende alla schiena e ti tortura di lama, ti sfinisce ma non ti finisce mai.
E a volte te lo vai perfino a cercare da te, hai visto mai che stavolta ci passo attraverso e rimango indenne. E invece no. Tu che ti scavi nella memoria e ci ritrovi solchi profondi di dolore che solo tu li sai.
Oggi è una giornata che non sa di nessun colore, che ci minaccia di pioggia dal mattino e quella bastarda dopo pranzo ci raggiunge, saluta prepotente e se ne va.
Oggi è una giornata che le ore e i minuti te li conti in un display da sala d'aspetto mentre litighi con un dolore d'ossa che si gioca tutto nel presente e, a volerne scegliere uno che sia più accettabile per questa giornata, ti parte un malsano gioco di specchi e d'incastri che il dolore te lo aumenta e allora concludi che preferiresti solo poter cambiare tempo e argomento. Provi a distrarti, a passare in rassegna i volti della gente con cui condividi la stanza. La signora stravecchia che dorme, con i suoi gambaletti neri stretti che le fanno le gambe ancora più enormi, il bambino che continua a giocare con le suonerie del telefonino e gli daresti volentieri un bel ceffone però non puoi e allora lo fissi con quello sguardo che dice bello stronzo che sei e lui ti risponde a tono e ti spara a singhiozzo la marsigliese. E quell'altra che si lamenta che ha il piede gonfio e vorresti chiederle ma perché cazzo sei venuta qui con quei tacchi. Poi ti stanchi e ti fai partire nella testa quella canzone che ti porti dietro da stamattina e lasci che ti faccia compagnia anche mentre ti rimproverano che no che non sei dritta, su la testa, e poi un po' a sinistra e dopo un altro po' a destra. E' che io sono storta di mio, un attimo di pazienza che mi adeguo ai tuoi parametri ma solo per la durata dell'esame.


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