Spider-Boy

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venerdì 10 maggio 2013

Trova chi non cerca

Ilaria Guccione, Arrampicarsi (Palermo, 2013) 

Dice che chi cerca trova ma io ormai lo so che se cerco qualcosa non la trovo mai e a tutti ripeto quella frase che io non cerco, trovo. Che non l'ho detto io ma uno che si chiamava Picasso. E allora, se sono costretta a cercare, so già che non trovo. Come oggi, che a cercare di tirar fuori delle stramaledette carte, quelle hanno continuato a nascondersi e io ho trovato tutto il resto. Pezzi di vita sparsi nella stanza in involontaria e rapida rassegna. Foto, cartoline, biglietti di mostre e di treni e quanto altro ancora. E allora mi riconto i passi a villa Borghese, la metro A che chiudeva prima della B, le mattine a leggere su una panchina, le sere calate all'uscita dalla Galleria. Gli amici di passaggio e dai che ti porto qui e poi lì e il conto dei passi si perde con quello degli anni. E poi piazza Farnese e palazzo Spada, Annibale sul tetto e Francesco in galleria.*
E Francesco se ne andò che era notte, in assenza di luna e con un colpo di spada, neanche a farlo apposta. Meglio non saperlo il perché. E non so neanche perché quel giorno te l'ho raccontato, colpa dei nostri passi sul selciato, dell’ombra che da sinistra mi parlava e ci diceva felici in un abbraccio lungo chilometri fino al commiato. E allora si poteva parlare anche di quella morte che tu te la porti sempre dietro. E via che si continua ad andare, via che è meglio smettere di raccontare. Via che da piazza Navona giriamo per santa Maria della Pace. Ma tu, se puoi, non mi lasciare. Troppa luce nel giorno di giugno, che mi duole qualcosa che neanche lo so. Ci penserò dopo. Più in là, quando avrò il passo lento di stanchezza e tramonto. E neanche è vero, passerà ancora del tempo e poi.

E poi un altro salto indietro. E c'è quella donna bella che dorme sempre, sono secoli che dorme e nessuno che la svegli.** Eppure son tutti lì a toccarla. Tutti tranne la sottoscritta, che la chiesa di san Martino l'ha trovata chiusa e non è mica giusto, che ci accomuna questo nome che sa di allegria e vabbè, lei che è morta di parto a ventisei anni e io che sono qui, a quaranta, a vivere alla mezza giornata e a sputare addosso a chi i figli li deve fare per forza perché sennò poi neanche lo psicologo le ripaga. E chissà, tra la morta e la viva, chi vince sull'altra in ilarità. Ma prima o poi ci torno. Prima o poi.
Ho trovato un amore per strada che non c'era nessuna indicazione della via e un pavimento sconnesso che continuiamo a cascarci in due e ogni volta a rimanere in piedi è lo stupore. E vallo a ripescare adesso l'amore, che si è nascosto. Ma prima o poi. 
Se dormo sogno di sfidarti sempre e farti un buco proprio dentro il cuore, farti sentire tutto quanto il senso di questo inutile avere dolore e bucarti la pancia con la tua stessa spada perché tu non sei più lo stesso e perché non ti veda. 
E intanto sono passate delle ore a cercare e polvere sulle mani tendente all'infinito. Ho trovato tutto tranne quel che cercavo, ci vorrà il solito trucco da gatti, il far finta di niente, il girarsi intorno indifferente, il fottersene dell'assillo del tempo e concedersi il sonno sul tappeto. Che tanto la tua preda prima o poi arriva e meno ci pensi e prima si fa. E' che se ti ostini, non arriva niente, se non quelle finte certezze da due soldi che poi lo so che te ne penti. E' che se affidi agli altri il trovare qualcosa per te in dissonante compagnia, ti regalano quattro sbarre e poi ti accorgi che dentro ci sei solo tu che ci respiri a stento. Che se ti impegni il tempo a scimmiottare scimmie a due zampe e nessuno tra voi che sappia cosa vuol dire arrampicarsi, ci rimetti in senso e ti giochi il dolore che tanto poi ti ritorna su.  
Se devo credere ai mercanti di Fiandra, stai con quella che ride di più, tiri la spada con la tua ombra e sei felice, vabbè o su per giù.

* Gli affreschi di Annibale Carracci sono a palazzo Farnese, la galleria di palazzo Spada è di Francesco Borromini. Che di spada è perito, di sua mano, nel 1667.
** Ilaria del Carretto e il suo monumento funebre a Lucca, di Jacopo della Quercia.














 

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