Spider-Boy

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mercoledì 2 ottobre 2013

Ma la Sapienza non trionfa mai


05 D'Anna
Ilaria Guccione, Il carro di Minerva, part. da: Il trionfo della Sapienza, Vito D'Anna, affresco, 1751 (Palermo, 1995)


Questa è una storia vecchia ma vecchia assai e allora mettiti comodo oppure chiudi tutto e amici come prima. E’ una storia datata 1995, insomma avevo 23 anni e ora se vuoi non ci metti niente a sapere quanti anni ho ma neanche per farti far di conto, son 40 abbondanti. E’ la storia di una ragazzina, una che le affidano l’argomento per la tesi, quando fare una tesi significava ancora qualcosa, 172 pagine, sapevi ancora scrivere a mano, far la fila in biblioteca, imparare a cercare e l'onnivoro copincolla da internet grazie al cielo non esisteva. Una che vabbè, la materia se l’è scelta da sé: storia del disegno, dell’incisione e della grafica. Il resto, no. Se lo ritrova davanti un bel mattino: c’è quel pittore e quell’altro ancora, suocero e genero; c’è una storia di modelli e disegni, di copie e originali. E siamo nel Settecento. Sti cazzi, penso io, che in quel momento se mi dicevi Settecento pensavo a Tiepolo e non mi piaceva. Me cojoni, penso io,  che come mai farò a capirne di disegni. Che poi, per amore di cronologia, sti cazzi e me cojoni non l’avrei né detto né pensato, che ancora mancavano anni prima che mi trasferissi a Roma.
E se mi avessero detto che avrei avuto poi gli occhi lucidi ad ogni incontro tra inchiostro e biacca, tra tracce di matita e carboncino. E se si fossero provati a dirmi quell’emozione delle dita mie sulla carta antica e filigrana in controluce, non ci avrei mica creduto.
E allora, per quell’amore degli occhi e delle dita che ce l’avevo già e non lo sapevo, prendo tra le mani la guida di Palermo, quella del Bellafiore che allora era l’unica, quella che la mia edizione, ereditata da una zia, è del ‘56, cade a pezzi, racconta ancora del Caravaggio a Palermo e a me va bene così, che al solo pensarci mi strappa un sorriso ancora oggi.
E allora comincio a girare e siamo in tanti, io, la mia yashica, i suoi obiettivi e il manfrotto che si fa più alto di me quando vuole. Entro dove posso entrare, altrimenti busso.
E così feci in via Del Bosco. Mi scusi, signora, se la disturbo ma lei dovrebbe avere un affresco di Vito D’Anna in casa, anzi due, magari due, mi scusi ancora ma lo dice il Bellafiore e quindi insisto. E la signora, col suo parlare dialettale e l'odore di sugo dai fornelli, mi fa vedere un soppalco e mi dice che l’affresco, sì quello che lo conosco da una microscopica foto del 1940, sta lassù. Che è in parte crollato, che è puntellato, che lei se lo venderebbe volentieri ma la Regione Sicilia non lo vuole. Siamo in un appartamentino affittato ad extracomunitari, il palazzo lo capisci subito che ha solo il ricordo dei nobili balli di un tempo ma tu hai occhi e cuore solo per l’affresco e insisti.
E allora, dico io, se torno con una scala appropriata, lei mi fa salire e fotografare? Sì, certo. Dice lei.
Passano i mesi e si era ormai in estate. La chiamo con la scala quasi in mano, la signora non è più tanto convinta. Mi scappa un: ma allora sono proprio sfortunata, che mi apre le porte e le salite: ma non dica così, no no. Venga più tardi.
E io e Riccardo, prezioso compagno di quel mio vagare degli occhi e nel cuore nell’isola, tra un obiettivo e l’altro, arriviamo con la scala. Ci ritroviamo su un soppalco che custodiva un’ipotesi di bagno mai finito.
Ed io distesa sul pavimento tra puntelli e pezzi di intonaco affrescati, cascati come in pianto dirotto e dirottato, a giocarmi quell’unica occasione del guardare. L’attesa poi, che sapeva di speranza, lunga il tempo necessario allo sviluppo, che erano tempi di diaframma tra le dita e di fiducia nell'occhio.
Che erano tempi di cui ti avevo parlato qui  http://tessitoria.blogspot.it/2013/04/tra-il-dire-e-il-dare.html, che era quell’andare incontro a un morto, ad una data crollata. Che era quel pensare che un pezzo di una storia io lo potessi ancora salvare e forse l'ho anche fatto.
Ora dovrei parlarti dell'affresco, del suo Trionfo della Sapienza. E allora dovrei parlarti anche dell'Ignoranza e dell'Arroganza, che vanno a braccetto, di secolo in secolo e trionfano sempre. Facciamo che rimandiamo, ché  dopo avere appreso dei soliti tesori da riscoprire in città e poi richiudere, degli sbarchi di intellettuali e politici, e vai con le Boldrini e con i Daverio, oggi ho solo voglia di tenere vecchie foto e malinconici ricordi tra le dita.



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