Spider-Boy

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mercoledì 12 giugno 2013

Venticinque

Ilaria Guccione, Venticinque (Palermo, 2013)

Lo chiamavano Venticinque ma lui sapeva contare solo fino a dieci. E sapeva anche l'arte del chiedere, quella che non hai bisogno di parlare e mano tesa alla distanza giusta e tasche larghe da poter riempire, ché tanto a far di conto a fine giornata c'era sempre qualcun altro in grado di arrivare fino a cento. Ma il sorriso, quello era sempre storto, che di allineare se stesso al mondo non era proprio capace. E faceva a trasi e nesci dalla chiesa dei giorni di festa che non si sa mai. E chissà quante omelie a scivolargli addosso e quanti non ho spiccioli in sacchetta per risposta, a toccarsi la giacca buona in perquisizione volontaria.
Dice che io invece so contare eppure a far di conto non ci tengo e non mi so trovare tra il ballo dell'uscire e quello dell'entrare. Del resto, a farsi due conti di quelli proprio elementari, per te non conto un quarto di niente, neanche di quella luna che quasi ci siamo di nuovo. E allora di mille e mille passi e sguardi, che proprio non li sai perché ti conti e sconti in soldi e saldi e donne da amuleti truccati, mi perdo lentamente finché voglio e mi guadagno assai. Mi avvantaggio in fortuna tenendomi per mano.



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