Spider-Boy

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giovedì 3 gennaio 2013

Il broncio e l’eclisse

Ilaria Guccione, Il broncio (Palermo, gennaio 2013)


Di una città che non dirò. Di una via che non so. Di una donna di spalle che parla da persiane che le socchiudono i pensieri. Di quelle sue parole difficili come ripetere da un copione una battuta semplice che ci provo anch’io ma mi vola via dalla finestra aperta e mi rimane nostalgia. Di lui che non capiva come lei potesse avere nostalgia di qualcosa che non aveva mai avuto. E’ che a volte tra il pensare e poi il dire. Pausa. E’ che a volte tra il dire e poi il fare. Attesa. Di lei che quella volta lì poi non è tornata. Di lei che allora forse lì non è mai stata. Questione di luce cattiva che vira al buio. Di messa a fuoco distratta dall’esitazione delle dita. A volte ci avanzano appena inquadrature ingannevoli nel ricordo.

Ma sì che lo dico. La città è Roma, l’anno il 1962. Lei è Vittoria/Monica, lui è Piero/Alain. Un film. L’eclisse di Antonioni.

Oggi. Palermo, alla Kalsa. Io mi avvicino e lei toglie il ciuccio. Mi fissa e mantiene il suo broncio ad ogni scatto. E per un attimo mi sembra quasi di sentirla, quella battuta: “Io credo che non bisogna conoscersi per volersi bene e poi forse non bisogna volersi bene.” Ma lei forse neanche lo penserà mai, le mancherà il tempo. Travolta dai giochi per strada, la scuola forzata e una maternità bambina. Io invece penso troppo, anche a tempo scaduto. Ci diciamo ciao con la mano, me ne vado e mi pare che in quel silenzio inframezzato da urla dell’ora di pranzo e odore di sugo mi accompagni un twist. Ma è la mia solita eclisse del cuore che mi accompagna ad ogni passo.



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