Ilaria Guccione, Baci e abbracci (Palermo, novembre 2012) |
Bisognerebbe sempre prendere appunti prima di ogni partenza. Se te lo dimentichi è un problema non da poco e non perché rischi di ritrovarti davanti a un finale cattivo. Ma perché la tua storia te la capovolgi e lo so che a volte non sai che altro fare per salvarti qualcosa. E' che ti giochi l'inizio, te lo capovolgi fino al massacro e allora la tua storia non funziona più. E non fai altro che pensarci o cantarci su.
Dicono che la felicità se ne stia in disparte e che prima o poi arrivi. Dicono che se non ci pensi e continui a camminare, allora sì che arriva e ti prende. Ma io mi perdo sempre i passi nel pensare: e allora mi ripeto che non è detto che noi ci si incontri di nuovo, se non di corsa, per sbaglio, in penombra. Facendo finta di niente, salutando il resto del mondo con sorrisi e inchini, privandoci ostinatamente di ogni nostra parola. Nel riflesso di una pozzanghera, su una scala traballante, in un vicolo che neanche ci puoi entrare perché è chiuso da anni eppure è sempre lì che ci passo ogni giorno ma chissà tu dove sei finito.
Dicono in giro che la felicità non esista. Che sia meglio accontentarsi di essere normale e che quello che ti arriva ti arriva e allora devi essere contento di poterti accontentare e lo devi prendere e la tua felicità non te la devi ricordare, sennò pretendi altro e le regole vanno tutte a puttane.
Dico che la felicità è una cosa storta, che è inutile tentare di raddrizzarla: se ci provi, ti acceca. La felicità è roba da radici, che non le puoi costringere quando hanno bisogno di altro spazio. A furia di stare attenti alle foglie, ci si inganna sempre sulle radici. Che, quando sono troppo compresse, per salvarsi da ogni esplosione, cercano da sé una nuova strada, in silenzio. E dagli con questa bugia che le cose belle e vive sono quelle dritte. Siamo tutti un po' storti e, a convincersi che bisogna esser dritti per forza, ci si piega a quelle imposizioni da modello becero che condannano tutto il resto ma soprattutto noi. E finisce che ci condanniamo da soli. A una felicità finta che costa troppo e prima o poi si paga tutta. Eppure basterebbe terra nuova, vaso più grande e mani disposte a sporcarsi di terra.
La felicità è una cosa storta, è roba da radici. E le radici, per fortuna, hanno un'ottima memoria e con la memoria ci si salva sempre qualcosa. E mi regalano baci e abbracci per i momenti tristi, da ogni loro altrove.
Non avevo dubbi che questo post che mi hai indicato (grazie) sarebbe stato molto bello. Qualcosa che ti incolla gli occhi allo schermo. Prendere appunti è bene, come ci dicevamo, ma purtroppo non basta per raggiungere cose che non sempre soon possibili. In fondo siamo sempre un po' anime salve anche noi. Grazie Ilaria un abbraccio
RispondiEliminaGrazie a te.
EliminaContinueremo a prendere appunti, ad inciampare in ogni possibile nostalgia.
A proposito di prendere appunti...leggiti il mio post del 2016 intitolato Liceali e futuro, dove racconto una mia bellissima esperienza e...lo leggerai perché c'entra col prendere appunti eheh 😍
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